Raggi di luce.

La nostra identità è il nostro limite?

Chi saremmo senza il nostro passato?


06/06/2019

Abbiamo creato la nostra identità su un passato che ormai non esiste più. È passato, non può più esistere. Non è più reale.
Ma siamo così attaccati alla nostra identità, che siamo quasi sempre in quello spazio conosciuto, nella sopravvivenza, perciò non stiamo veramente vivendo. Per vivere è necessario essere presenti nel presente. 

Non posso dire di essere già arrivata, oltre la mia identità, cioè presente nel presente. Il cammino è ancora lungo e a volte impervio. 
Posso dire che ho iniziato ad assaporare questa possibilità e a sperimentarla dal 2003, da quando sono partita per la Cina.
Pensavo di fermarmi per un anno, così era iniziata, e poi mi sono fermata per 8 anni, fino alla fine del 2010. 
Allora ho iniziato il mio percorso verso la vita. Prima ero piuttosto nella spontaneità, a volte, molto più spesso nella rigidità, ma soprattutto ero inconsapevole di tutto quello che c’era dentro di me, dell’universo presente in me, e di quello che è la vita, da sveglia, da consapevole. Ero in pilota automatico e non ero in ascolto, tantomeno in connessione con le mie emozioni, con i pensieri, con le credenze che erano, appunto, alla guida automatica del mio quotidiano. 

Sono proprio questi automatismi, fare sempre le stesse cose, rispondere alle situazioni nello stesso modo, pensare le stesse cose, vivere lontano o lasciarci travolgere dalle proprie emozioni, essere inconsapevoli dei pensieri che abbiamo, che ci tengono addormentati e poveri nel nostro modo di vivere.
Manca la consapevolezza del mondo interiore, e senza di essa è impossibile conoscere il mondo esteriore e le persone per quello che sono. 
Se già io non mi conosco, come posso immaginare o pretendere di conoscere gli altri? E la vita?

È necessario fare un passo oltre per poter vivere, è necessario uscire dalla sicurezza immaginaria che la nostra mente proietta in ogni momento, basata sull’identità nella quale ci riconosciamo, cioè su un passato.
Allo stesso modo è necessario uscire da un futuro immaginario, proiettato sempre dalla mente. 
Sono questi, due requisiti necessari per vivere, per entrare nel fiume e poi nell’oceano della vita.

È fondamentale essere presenti nel presente, essere presenti con sé stessi nell’attimo stesso, allora gli occhi sono aperti sul mondo e sulla vita, e le nostre non saranno più reazioni, bensì risposte. E molto spesso inaspettate, proprio perché non agiamo più in base a parametri creati nel passato, strutture rigide, bensì siamo immersi nell’abbondanza della vita e in essa ogni istante è nuovo, perciò diverso.

Da quando ho smesso di lavorare in un modo che la società mi aveva proposto, cioè come fisioterapista e terapista complementare, e ho ripreso a lavorare seguendo la mia essenza, ho iniziato a vivere anche sotto questo aspetto.
Quando mi chiedevano che cosa cambiava nei miei trattamenti, siccome già prima offrivo qualcosa di simile, la risposta che avevo e ho tutt’ora è che prima ero costretta in uno spazio grande come un melone, ora invece sono dentro uno spazio immenso, al quale non vedo limiti, se non le mie paure ed insicurezze che si presentano di tanto in tanto. Per riassumerla in una parola soltanto: libertà. Sono molto più libera. E la libertà interiore diventa libertà esteriore. E questo dà un senso di gioia che prima era oscurato dalle restrizioni nelle quali mi ero costretta (inconsapevolmente prima, e dettate dalla paura di fare il salto dopo).

Ho così notato in questi cinque mesi, da quando pratico come guaritrice, che mi sono arrivate proposte di lavoro nuove e così diverse le une dalle altre; sono arrivate nuove persone, la gente sente e si rispecchia nell’autenticità nella quale mi trovo, sente la profondità di dove sono arrivata, e soldi sono entrati da situazioni inaspettate. Inoltre, come già scritto poc'anzi, mi sento più leggera, felice e gioisco più spesso, molto più spesso.
Tutto ciò, al momento, mi sta dicendo che le possibilità sono molto più grandi di quelle che prima avevo a disposizione o che riuscivo a vedere. Che la parte di me che aveva paura ad aprirsi a quello che è la mia essenza mi teneva costretta in uno spazio così ristretto che talvolta mi impediva di respirare profondamente; e che l’universo altro non fa che rispondere allo stato interiore.

Ecco dove ci porta la frase tanto sentita: “sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.” Il mondo cambia realmente quando si cambia dentro. Il mondo è così immenso e infinito, è però possibile percepire quest’immensità solo nel momento in cui ci apriamo e diventiamo l’immensità dentro. È così che diventa verità: non si tratta più di un pensiero pensato, un concetto letto e desiderato, diventa la realtà quotidiana.
Più volte, da quando l’ho conosciuta nel 2013, ho sentito Byron Katie dire: “The universe is friendly.”, l’universo è amico. Mi ci sono voluti diversi anni per comprendere che è così. L’universo è lo specchio del mondo interiore: quando dentro sono amica con me stessa, l’universo è amico con me. Quando ho destrutturato le credenze dentro di me e sono uscita dalla paura, dall'insicurezza, dall'avidità, ecc, allora io stessa sono amichevole. La percezione cambia, dentro, e così anche fuori. 

Riconoscendo e lavorando sui miei concetti, i pensieri, le tensioni, la mia identità si è trasformata nel tempo, o per meglio dire si è sciolta, e non è più rigida come era prima, è più flessibile, è malleabile, è in movimento quando prima era ferma. Non ho fatto niente con la mia identità, mi sono presa cura del mondo interiore, dello spirito in me, ho meditato, ho ascoltato, ho indagato. Questo ha trasformato il mio passato, e conseguentemente anche il mio futuro, e così anche la mia presenza nel presente. 
Quando si dice che la guerra nel mondo cesserà quando finirà la guerra interiore, é proprio così, è proprio vero. Ci vogliono tanti piccoli passi verso di sé per fare in modo che il mondo esca dai conflitti. Diventando il mondo interiore più amorevole, lo diventa anche il mondo esteriore. È veramente così, è la realtà dei fatti. 

Dicendo quanto sopra parlo per me, e solo per me. Non sto incitando nessuno a cambiare la propria vita. Non è questo. I miei sono suggerimenti, proposte, uno spazio creato per portare consapevolezza, per indagare e osservare dove ci troviamo. È una condivisione di comprensioni toccate e vissute, e parzialmente realizzate.
Lo si può solo provare sulla propria pelle per comprenderne l'effetto.

Se tutto quanto sopra risuona, e ci si domanda, "come fare?" Posso rispondere che qualcosa che trovo molto utile è “The Work” – Il Lavoro – di Byron Katie, una pratica semplice, accessibile a tutti, che richiede soltanto ascolto, silenzio e onestà.